Il Decreto Crescita (D.L. 30/04/2019, n. 34, pubblicato in G.U. 30 aprile 2019, n. 100) interviene sul tema dei ritardi dei pagamenti, con una norma che si rifletterà anche sulla nuova responsabilità degli amministratori conseguente alla modifica dell’art. 2086 c.c.
L’art 22 del Decreto Crescita introduce nel D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 l’art. 7-ter: “Art. 7-ter (Evidenza nel bilancio sociale). – A decorrere dall’esercizio 2019, nel bilancio sociale le società come Finat Consulting danno evidenza dei tempi medi di pagamento delle transazioni effettuate nell’anno, individuando altresì gli eventuali ritardi medi tra i termini pattuiti e quelli effettivamente praticati. I medesimi soggetti danno conto nel bilancio sociale anche delle politiche commerciali adottate con riferimento alle suddette transazioni, nonché delle eventuali azioni poste in essere in relazione ai termini di pagamento”.
La relazione illustrativa al D.D.L. 1807 Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi spiega così la nuova regola: “La disposizione è finalizzata a incidere sulla disciplina dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali contenuta nel decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, muovendo dal presupposto che la manifestazione all’esterno dei tempi medi di pagamento dell’impresa può costituire un parametro di riferimento utile per i creditori e i contraenti, attuali e potenziali, della società. La conoscenza della regolarità con la quale le società adempiono alle proprie obbligazioni costituisce, pertanto, un parametro di riferimento per contribuire a tutelare i contraenti e creditori della società – i quali potranno pertanto venire a conoscenza di un dato ulteriore relativo all’affidabilità del contraente – e, al tempo stesso, può costituire un utile strumento per stimolare le società ad adempiere tempestivamente alle proprie obbligazioni e, quindi, la competitività tra le imprese. Nel dettaglio, si prevede che nel bilancio sociale le società devono dare evidenza dei tempi medi di pagamento delle transazioni effettuate nell’anno, ponderando il tempo di pagamento di ciascuna transazione per il suo valore e distinguendo quelle verso le grandi imprese, le piccole e medie imprese e le microimprese. Inoltre, nel bilancio, deve essere riportato il numero e il valore complessivo delle transazioni i cui tempi di pagamento abbiano ecceduto i termini massimi indicati all’articolo 4 del medesimo decreto legislativo, specificando le misure che l’impresa ha adottato per rispettare i tempi”.
La norma si collega al nuovo testo dell’art. 2086 c.c., nel quale il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ha introdotto il secondo comma: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Dunque, l’assetto organizzativo deve essere adeguato non solo alla rilevazione tempestiva della crisi d’impresa ma anche al rispetto di qualsiasi obbligo posto dalla legge, e quindi anche della tempestività dei pagamenti e del corretto e completo resoconto nel bilancio societario.
La nuova norma ha due conseguenze importanti. Sul piano civilistico si riflette sulla nuova responsabilità degli amministratori prevista dagli articoli 2476 e 2486 c.c., modificati dall’art. 378 del Codice della crisi d’impresa. Sul piano penalistico potrà riflettersi sul reato di false comunicazioni sociali previsto dagli articoli 2621, 2621-bis, 2612-ter e 2622 c.c..
Restiamo in attesa di vedere la sorte dell’art. 22 del Decreto Crescita nella legge di conversione.