L’IA è il tema del momento. Il 29 ottobre 2021 l’Ufficio per la Proprietà Intellettuale (IPO) del Regno Unito ha pubblicato la consultazione su Intelligenza Artificiale e Proprietà Intellettuale, che resterà aperta fino al 7 gennaio 2022. La nuova consultazione segue a quella lanciata nel 2020 che stimolò 92 risposte, raccolte in un rapporto pubblicato all’inizio del 2021.
La nuova consultazione mira a stimolare la discussione su tre problemi fondamentali.
- Se le opere dell’ingegno generate dal computer senza un intervento umano debbano essere protette dal copyright, da un diritto connesso o se non debbano essere protette.
- Quale sia il regime ottimale per utilizzo di materiali protetti da copyright nel text and data mining e nell’istruzione dell’IA.
- Se le invenzioni ideate dall’IA debbano essere protette da brevetto, e se l’IA possa essere indicata come inventore.
Dalla prima lettura della nuova consultazione si ha l’impressione che i profili di diritto internazionale siano considerati più importanti per i brevetti che per il copyright, nonostante l’industria culturale abbia un’importanza non trascurabile.
Per i brevetti, già la consultazione presenta i vantaggi di un sistema coerente con i sistemi degli altri paesi. Al contrario, per le opere dell’ingegno create dall’IA la consultazione afferma solo l’interesse “a capire le esperienze degli stakeholder nei territori dove non c’è protezione del copyright per le opere senza un creatore umano”, ma non esprime alcuna preoccupazione per gli effetti di una diversa regolamentazione.
Il Regno Unito, insieme ad India, Hong Kong, Irlanda e Nuova Zelanda, è già oggi uno dei pochi paesi a proteggere le opere generate da un computer (Copyright, Designs and Patents Act 1988, Section 9(3)). Per queste opere, l’autore è la persona da cui sono state prese le iniziative necessarie per la creazione dell’opera, per cui è possibile che l’esperienza maturata non solleciti preoccupazioni sotto questo aspetto.
Ma l’intelligenza artificiale è oggi molto diversa da quella disponibile quando la legge sul copyright fu approvata, e dunque si intravedono rischi di conflitto con le soluzioni adottate dagli altri Stati.
Certamente, il tema delle invenzioni ideate dall’IA e delle opere dell’ingegno create dall’IA è molto complesso, perché vede fronteggiarsi almeno due diverse conseguenze di enorme rilevanza per il nostro futuro.
Sul piano dell’innovazione, la soluzione prescelta potrà incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo tramite IA, consentendo l’ideazione di soluzioni innovative che non potrebbero essere altrimenti disponibili. Ma potrebbe consentire a poco imprese di acquisire molti brevetti, rendendo molto difficile alle PMI ed alle startup non solo la possibilità di brevettare ma anche quella di sfruttare soluzioni mediante segreti commerciali.
Le soluzioni non dovrebbero, invece, incidere sulla ricerca in senso stretto, visto che la quasi totalità delle legislazioni conosce le eccezioni per scopo di ricerca (experimental use exception).
Ma la regolamentazione che verrà, soprattutto se riconoscerà l’IA come autore di un’opera dell’ingegno o inventore di un’invenzione potrà avere influenze anche su piano molto più delicato. La capacità di essere autore o inventore potrebbe essere un cavallo di troia per il riconoscimento della soggettività delle macchine.
Il tema sembra tratto da un film di fantascienza, ma già ha visto una prima puntata nel 2017, quando l’Arabia Saudita ha concesso la cittadinanza a Sophia, un robot costruito dalla Hanson Robotics di Hong Kong.
Per i recenti sviluppi di Sophia v. Lo Prete, David Hanson, il creatore di Sophia, il robot che esprime emozioni, in AI4Business.it, articolo del 29 maggio 2021.