Quanti consumatori e imprese sanno che possono chiedere, e ottenere, il risarcimento del danno da comportamenti anticoncorrenziali?
In USA sono azioni molto diffuse, tanto che il private enforcement rappresenta circa il 95% delle azioni derivanti da violazioni antitrust, nonostante siano due le agenzie federali che attuano il public enforcement (Antitrust Division del Department of Justice e Federal Trade Commission) ma in Europa, e ancora di più in Italia, siamo molto indietro.

Nel 2008 la Commissione ha pubblicato un Libro Bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (http://bit.ly/h1nl5Z) che “analizza e presenta proposte relative a scelte politiche e misure specifiche che garantirebbero, più di quanto accada attualmente, che tutte le vittime di violazioni delle norme comunitarie sulla concorrenza abbiano accesso a meccanismi di tutela efficaci in modo da poter essere interamente compensate del danno subito”.

In Italia, i consumatori e le PMI danneggiate possono ottenere il risarcimento dei danni ma la competenza è frammentata tra Corte d’Appello, per le violazioni del diritto nazionale della concorrenza, Tribunale, per le violazioni del diritto comunitario, Sezioni Specializzate in Proprietà Industriale e Intellettuale, per le violazioni del diritto nazionale antitrust “afferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale, e Giudice di Pace, per le violazioni nazionali di basso valore. Per non parlare dei TAR.
Molti, però, non si attivano. La strada più semplice per i danneggiati sono le azioni follow-on, fondate sull’accertamento da parte della Commissione UE o delll’AGCM di una violazione. In alternativa, i danneggiati possono proporre azioni stand-alone, nelle quali, però, la prova è più difficile.

Un esempio recentissimo è la sanzione, deliberata dall’AGCM il 15 dicembre 2010, contro 16 aziende di produzione di cosmetici, tra le quali tutte le ‘big’ del settore. Queste, secondo l’Autorità, avrebbero posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata nel tempo, finalizzata al coordinamento degli aumenti dei prezzi di listino comunicati annualmente agli operatori della Grande Distribuzione Organizzata. La GDO, quindi, ma anche i piccoli distributori e i consumatori, potrebbero agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

I consumatori, in particolare, sono acquirenti indiretti, cioè acquirenti che non hanno avuto alcun rapporto commerciale diretto con l’autore dell’infrazione, ma che possono tuttavia aver subito un considerevole danno perché su di loro è stato trasferito, lungo la catena di distribuzione, un sovrapprezzo illegale.

Secondo la Commissione UE, se i danneggiati agiscono per il risarcimento dei danni subiti, “i costi della violazione delle norme antitrust [sono] a carico dagli autori dell’infrazione e non delle vittime e delle imprese che rispettano la legge. Il fatto che i privati dispongano di mezzi d’ azione efficaci aumenta inoltre la probabilità che venga individuato un maggior numero di limitazioni illegali della concorrenza e che gli autori dell’infrazione vengano considerati responsabili della stessa. Il miglioramento della giustizia retributiva produrrebbe pertanto di per sé conseguenze positive anche in termini di effetto deterrente per le infrazioni future e di maggiore rispetto delle norme antitrust comunitarie. …La cultura della concorrenza contribuisce ad una migliore allocazione delle risorse, ad una maggiore efficienza economica, ad un aumento dell’innovazione e alla diminuzione dei prezzi”.

La cultura del private enforcement in Europa è molto indietro rispetto agli standard americani. In Italia, come spesso accade, siamo ancora più indietro rispetto agli altri Paesi europei, soprattutto il Regno Unito, dove le law firm americane specializzate in diritto antitrust hanno iniziato ad aprire i propri uffici. Uno di questi è Hausfeld (www.hausfeldllp.co.uk), la cui sede di Londra è attiva sia sul versante della tutela dei consumatori che delle imprese danneggiate da comportamenti anticoncorrenziali.